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astronomia, crimini del cristianesimo, Ipazia di Alessandria, matematica, museo di Alessandria, neoplatonismo, poesia, vescovo Cirillo
di Tamara Sandrin
Sapiente fanciulla
Ipazia di Alessandria.
Ti ricordo
nell’incedere lieto
di giovani studenti
in una città non ancora disfatta.
Volto radioso e arguto
letture febbrili e ardenti
e pensieri e calcoli.
Voce di donna
di algebriche festose note
risuonava allora
nelle stanze del museo.
Donna colta e magnanima
sempre pronta
la tua parola sapiente
a chi ti chiedeva per strada,
o un sussurro per i misteri
dei tuoi allievi,
il mantello sulle spalle
e i capelli raccolti.
No, non ti serviva
corona o mitra
per adornare il tuo capo
ma i tuoi occhi frementi di stelle
e la mente lucida
splendevano.
Oh, quanto, quanto
ti amavano tutti!
Sapiente fanciulla
Ipazia di Alessandria.
Come è potuto accadere?
Non è stata l’invidia di uno
ma quello stesso
nero pensiero
figlio della disuguaglianza
e del disprezzo,
che ha spazzato i templi
e bruciato i rotoli,
che ti ha annientato
perché donna e filosofa,
che ha trasformato il tuo amore
incontaminato di sapienza
in peccato di superbia.
E così una folla di uomini
ti ha trascinata
e stracciato le vesti
e con furia morbosa quei bruti
– non chiamateli bestie!
perché erano uomini figli di uomini –
hanno fatto il tuo corpo
a brandelli con cocci aguzzi
e, ancora vibrante il respiro,
strappato gli occhi,
i tuoi occhi frementi di stelle,
sempre a cercare le stelle rivolti
e alla parola scritta
di amore e sapienza.