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di Tamara Sandrin
In Insetti giganti e alieni mostruosi1 ho cercato di rintracciare il tema del rapporto tra alterità e animalità nei film di fantascienza degli anni ’50 e ’60. Da questa trattazione sono rimasti esclusi molti film per svariati motivi; tra i tanti, per esempio, ci sono film in bilico tra l’horror e la fantascienza, diverse pellicole veramente inguardabili, alcuni episodi molto interessanti de Ai confini della realtà2 e, appunto, Fratello da un altro pianeta3, film di John Sayles del 1984 (quindi fuori dai confini temporali che mi ero posta).
John Sayles recupera un genere in rapida evoluzione (votato a divenire, purtroppo, contenitore di effetti speciali senza altri contenuti) e realizza un film low budget coinvolgente, spassoso, intelligente e ricco di spunti di riflessione:
“Fratello da un altro pianeta” usa il genere come lo usavano i grandi nell’età dell’oro di Hollywood: come la più semplice ed efficace metafora del presente.4
Fratello da un altro pianeta racconta la storia di Brother, alieno antropomorfo di colore, schiavo in fuga dal suo pianeta, che precipita con la sua navicella sulla Terra, al largo di Ellis Island e poi cerca rifugio ad Harlem.
Brother è muto ma – anche grazie alla sua capacità di aggiustare qualsiasi cosa e di curare le ferite – riesce a farsi subito benvolere dagli abitanti del quartiere che lo aiutano a fuggire e a nascondersi dagli agenti dell’immigrazione, che in realtà sono anch’essi alieni (bianchi), sgherri degli sfruttatori di Brother, che cercano di catturarlo per riportarlo alla sua condizione di schiavitù sul loro pianeta.
Il giudizio morale e soprattutto politico del film è evidente.
Brother, nonostante arrivi dagli spazi siderali, sembra essere scaturito dagli abissi della società terrestre, contrapponendosi all’élite bianca, wasp5, sia sulla Terra che sul suo pianeta: d’altra parte lo stesso termine aliens in inglese indica anche gli immigrati, gli stranieri, i diversi. E non a caso l’alieno nero arriva proprio all’Immigration center di Ellis Island, approdo di gran parte dei migranti che cercavano fortuna o scampo negli Stati Uniti, trovando invece spesso discriminazione e ostilità.
La fuga ad Harlem permette a Brother di mimetizzarsi tra persone molto simili a lui che sono, probabilmente anche per questo, ben disposte ad aiutarlo: non vedono differenza tra loro e Brother, non lo percepiscono come altro ma come, appunto, un fratello. Nessuno, tranne un bambino, si rende conto che è un extraterrestre.
E proprio il rapporto tra Brother e il bambino mi fa subito pensare al altri due film di fantascienza (Ultimatum alla Terra6 ed E.T. l’extra-terrestre7) e a due episodi de Ai confini della realtà (Il dono8 e Il fuggitivo9). In questi esempi la dinamica degli eventi è la stessa: un alieno buono arriva sulla terra e instaura un rapporto amichevole con un bambino (o una bambina, come nel caso de Il fuggitivo), che si prodiga per aiutarlo e riceve a sua volta aiuto (per esempio Brother, E.T. e Ben – il fuggitivo – hanno tutti poteri taumaturgici).
In questi film, tranne che in E.T., l’alieno ha forma perfettamente umana ed è quindi in grado di confondersi con i terrestri; nonostante questo l’uomo astrale di Ultimatum alla Terra e lo straniero de Il dono vengono aggrediti, inseguiti e perseguitati: il tema della caccia all’alieno è comune e ricorrente. Nel caso de Il fuggitivo l’extraterrestre è ricercato, come in Fratello da un altro pianeta, da due agenti provenienti dal suo stesso pianeta; ma, a differenza di Brother, Ben è re sul suo pianeta e viene inseguito perché continui a svolgere il suo incarico di dominio. La simmetria con Brother è quindi perfetta.
Mentre in Fratello da un altro pianeta e ne Il dono, protagonista e personaggi sono (quasi) tutti, rispettivamente, neri e messicani, negli altri esempi invece si confermano come i campioni della normalità come l’ho delineata in Insetti giganti e alieni mostruosi: il protagonista (anche quando è alieno) è maschio, bianco, eterosessuale, normodotato, ecc. Nel caso di E.T. l’alieno non può confondersi con gli umani, ma avendo aspetto simile a una simpatica tartaruga e atteggiamento tenero e infantile muove a simpatia i ragazzini, perfettamente wasp, che si sentono subito pronti a dimostrargli solidarietà e a prestargli il loro aiuto. Avrebbero fatto lo stesso con un alieno come Brother, un immigrato clandestino nero inseguito dalla polizia?
A differenza della maggior parte dei film di fantascienza, come già accennato, Brother verrà accolto e aiutato da un’intera comunità: il film è una chiara critica sociale nei confronti della discriminazione razziale, del pregiudizio, della paura dell’altro, e mette in evidenza l’importanza e la necessità della solidarietà e della comunione tra le persone.
La critica e la condanna della discriminazione razziale era già stata espressa ne Il pianeta delle scimmie10, ma in modo metaforico, usando degli attori camuffati da scimmie di razze diverse, con ruoli diversi nella società scimmiesca11, e relegando l’uomo nella condizione di schiavo animale, mentre in Fratello da un altro pianeta è palese, aperta, dichiarata.
C’è un particolare aspetto di Brother che mi interessa sopra ogni altro: sono i suoi piedi. Sono piedi simili a quelli di un animale, non sono piedi umani. È l’unico aspetto di Brother che lo allontana dall’umano ed è l’unica parte del corpo che lui non mostra a nessuno, nemmeno quando fa l’amore con la bella cantante di cui si è infatuato (Dee Dee Bridgewater), nemmeno al bambino a cui ha rivelato di provenire dallo spazio. Possiamo ricordare la battuta sui piedi di E.T., improvvisata da Drew Barrymore: “Non mi piacciono i suoi piedi!”. Probabilmente avrebbe detto lo stesso Dee Dee Bridgewater, se li avesse visti, mentre si limita a consigliargli di tagliarsi le unghie.
Ci troviamo quindi di fronte a un alieno, muto, nero e con i piedi di animale: la metafora è fin troppo scoperta. È evidente che le persone di colore non sono viste dagli wasp come perfettamente umane.
Noi possiamo azzardare ad ampliare il discorso e affermare che l’altro, in genere, non è perfettamente umano: ha sempre degli aspetti che differiscono da noi, dall’ideale di noi stessi che abbiamo inventato, e che si avvicinano a quell’animalità che abbiamo ripudiato.
Come ho evidenziato in molti film, ancora una volta, alterità e animalità vanno a coincidere.
Note:
1 Tamara Sandrin, Insetti giganti e alieni mostruosi. Alterità e animalità nel cinema di fantascienza degli anni ’50 e ’60, Grado 2017
2 The twilight zone, serie televisiva americana ideata da Rod Serling andata in onda sulla CBS dal 1959 al 1964.
3 The Brother from another planet, regia di John Sayles, USA 1984
4 Davide Ferrario, Cineforum, n. 257, 7/1986
5 White Anglo-Saxon Protestant
6 The day the earth stood still, regia di Robert Wise, USA 1951
7 E.T. the Extra-Terrestrial, regia di Steven Spielberg, USA 1982
8 The twilight zone, The gift, ep. 32, stagione 3, trasmesso il 17 aprile 1962, regia di Allen H. Miner, sceneggiatura di Rod Serling.
9 The twilight zone, The fugitive, ep. 25. stagione 3, trasmesso il 9 marzo 1962, regia di Richard L. Bare, sceneggiatura di Charles Beaumont.
10 Planet of the Apes, regia di Franklin J. Schaffner, USA 1968
11 è interessante a questo proposito riportare un aneddoto riferito dagli attori e dalle comparse che ricordano come nelle pause di lavorazione loro stessi si riunivano spontaneamente in base alla razza delle scimmie che interpretavano: si potevano così vedere dei gruppetti omogenei di (attori truccati da) gorilla, oranghi o scimpanzè!